mercoledì 3 aprile 2013

La BIOTERAPIA NUTRIZIONALE






La bioterapia nutrizionale® è una metodica che utilizza gli alimenti, le modalità di cottura e le associazioni fra i cibi per la prevenzione e la cura delle malattie. Deriva dalle geniali intuizioni della Dott.ssa Domenica Arcari Morini di Roma che l’ ha ideata e che per oltre 40 anni, con i suoi collaboratori,  l’ ha sviluppato.  A mio avviso esistono poche metodiche efficaci, naturali, piacevoli, “raffinate e affinate” (dal punto di vista scientifico) come questa.
La natura offre possibilità di cura straordinarie perché ogni alimento non è importante solo per il suo contenuto nutrizionale, per le calorie che produce o gli oligoelementi che contiene ma anche perché è un insieme armonico di tutto questo che interagisce con l’ individuo in modo dinamico e sfruttare al massimo  le sue potenzialità può determinare risultati veramente sorprendenti.
Tutti, addetti ai lavori e non, sono d’accordo sul fatto che l’alimentazione sia alla base della salute e del benessere ma troppo poco si considera il fatto che una alimentazione scorretta può essere determinante per lo sviluppo delle malattie (basti pensare all’ epigenomica) anche perché tutti ci dobbiamo nutrire, in condizioni fisiologiche e non, e alimentarsi in modo corretto può fare la differenza.
La bioterapia nutrizionale è in grado di influire sulle principali funzioni organiche del nostro organismo come la regolazione glicemica, l’ottimizzazione della funzionalità epatica, tiroidea e renale e sul bilanciamento dell’ assetto ormonale.
La metodica bionutrizionale prevede una sequenza di pasti modificando le associazioni alimentari in base alla risposta soggettiva ed oggettiva dell’ individuo e del malato.
Dopo una accurata diagnosi medica, avvalendosi anche dello studio delle costituzioni derivante dalla Medicina Tradizionale Cinese e con l’ ausilio della interpretazione dello stick urinario vengono proposti una successione di pasti sulla base delle esigenze individuali del paziente.
La buona notizia, inoltre,  è che i pasti proposti sono veramente e inaspettatamente gustosi ed appaganti e vi stupiranno almeno per due motivi.
Primo motivo. La Dott.ssa Domenica Arcari Morini è partita da profonde conoscenze della fisiologia, dell’endocrinologia, della biochimica, del contenuto nutrizionale degli alimenti e delle modificazioni con i vari tipi di cottura e li ha coniugati con la cucina tradizionale italiana, ricchissima e variegata e in grado di far fronte alle esigenze di popoli abitanti in zone diverse del Paese, da quelle costiere a quelle montuose. In altri termini, se un piatto tipico, e magari con una lunga storia, si è tramandato fino ai giorni nostri un motivo ci sarà: sta alla conoscenza del medico bionutrizionista utilizzarlo in modo appropriato a seconda delle esigenze del paziente.
Secondo motivo. Alcuni dei piatti proposti o le loro modalità di cottura  “spiazzano” il paziente perché magari sono stati banditi da tempo immemore dalle tavole sulla base delle notizie dietetiche  più diffuse fra il pubblico e anche fra  i medici.
Questo accade perché il razionale è diverso e come ho già detto molto “raffinato, ricco e innovativo” ed è persino superfluo ricordare come le campagne informative attuali abbiano presentato gravi lacune, se è vero che nonostante siano state in grado di proporre linee guida per una corretta alimentazione, in realtà l’ obesità (sia infantile che dell’adulto), il diabete, la diabesità e le malattie cronico degenerative in cui la nutrizione ha un impatto rilevante, stanno aumentando anziché diminuire.
In realtà non è detto che tutto ciò che è gustoso non si possa mangiare: anzi.
L’ esperienza personale di tutti noi, supportata dalle teorie che stanno alla base della terapia cognitivo comportamentale del peso, ci insegna che una delle caratteristiche della dieta di successo è che sia gratificante, soprattutto nella fase di mantenimento del peso e quando è importante la gestione dello stress. A questo naturalmente si aggiunge l’applicazione del nuovo razionale nutrizionale.
Sarà importante la qualità all’ origine del prodotto che si consuma e che dovrà essere meno manipolato possibile per poter sfruttare al meglio le sue potenzialità e non sovraccaricare il nostro organismo di “spazzatura”.
 Bisognerà tenere presente sempre il concetto di biodisponibilità di un nutriente, che nella pratica clinica e nelle diete “fai da te” viene sottovalutato o non preso affatto  in considerazione, sostituito da calcoli derivati da semplici ma sterili tabelle che non riusciranno mai a descrivere in modo soddisfacente il destino metabolico degli alimenti una volta introdotti nel nostro organismo.
Di fronte a questo scenario meglio arroccarsi su poche e granitiche certezze o cercare nuove strategie nell’interesse del paziente ? Io non ho dubbi nello scegliere la seconda strada che, anche se più tortuosa, risponde meglio al metodo scientifico, al mio desiderio di sapere e di essere nella condizione di proporre il meglio possibile alla persona / paziente che si rivolge a me per un aiuto.








Cosa sono gli ORMONI BIOIDENTICI




Perché invecchiamo ? Una delle risposte più condivise dalla comunità scientifica evoca la teoria dell’ endocrinosenescenza: con  l’ aging  si assiste ad un progressivo calo dei  livelli ormonali ottimali e a una modificazione dei rapporti fra gruppi di ormoni e ciò favorirebbe il manifestarsi del declino funzionale e di numerose patologie age-dependent.
Nel nostro immaginario sono chiari i cambiamenti fisici e mentali che accompagnano la menopausa e l’andropausa anche se in realtà tutte le  ghiandole vanno incontro a una progressiva “pausa” che condiziona l’ invecchiamento.
Di fronte a questa condizione cosa  fare ? Una possibile risposta deriva dagli Ormoni Bioidentici, che sono conosciuti e vengono utilizzati da oltre 60 anni da medici specialisti di tutto il mondo.
Gli ormoni bioidentici  sono per  definizione chimicamente  “identici” agli ormoni presenti nel nostro corpo. Sono estratti da piante (come la Dioscorea Villosa, la soia, etc.) e a buon titolo possono essere definiti naturali non solo perché derivano dalla natura e non sono sintetizzati dall’ uomo, ma anche perché vengono riconosciuti come tali dal nostro organismo e pertanto sono estremamente efficaci e sicuri.
Sono chiamati anche naturali, bio-equivalenti o umano equivalenti. Il concetto è quello della imitazione delle azioni della natura usando sostanze di  origine naturale che si trovano nei sistemi fisiologici in dosi fisiologiche. Un’ immagine molto rappresentativa li paragona ad un guanto (gli ormoni) che calza perfettamente alle dita della nostra mano (il “nostro”organismo).
Per completezza occorre ricordare che la struttura degli ormoni NON bioidentici è diversa da quelli naturali (condizione necessaria per poter sviluppare un brevetto) o possono provenire da un’altra specie animale.
Ma quali sono gli ormoni identici ? Fra i più utilizzati vi sono quelli deficitari e squilibrati in premenopausa e menopausa  come il progesterone, l’ estradiolo, l’ estriolo, il DHEA (deidroepiandrosterone) ma anche il pregnenolone, il cortisolo, il testosterone, l’ ormone tiroideo e il keto-DHEA, per fare qualche esempio.
Gli ormoni bioidentici vengono utilizzati in caso di carenza di ormoni o gruppi di ormoni documentati da specifici esami ed evidenziati dalla clinica del paziente.
L’ obiettivo della terapia sostitutiva con ormoni bioidentici è quello di alleviare i sintomi causati dalla diminuzione nella produzione di ormoni da parte del corpo e ridurre l’incidenza della malattie legate agli squilibri ormonali, favorendo l’equilibrio e imitando, per quanto possibile, i processi naturali del corpo.
Per ottenere questo bisogna assumere dosi fisiologiche degli ormoni carenti,  scegliere sempre il miglior tipo e marca possibile del prodotto, correggere simultaneamente tutte le più  importanti deficienze ormonali,  iniziare il trattamento al momento giusto ed  eseguire  regolari follow up.
E’ importante quindi il concetto di dosaggio fisiologico  (non farmacologico o sovrafisiologico),  una dose che non è troppo alta o bassa e rientra nel range di sintesi di un individuo sano e di valore ottimale dell’ ormone, che si riconduce al dosaggio in età giovanile (circa 25 anni) per quel soggetto. Occorre ricordare che il valore ottimale non è esattamente sovrapponibile al range di normalità indicato dai laboratori di analisi, spesso troppo ampio, aspecifico e non adatto ad una medicina che per definizione ha l’ambizione di essere preventiva e predittiva, ma pensato solo per discernere fra salute e malattia.
Il dosaggio deve essere personalizzato, tramite test di laboratorio e una loro corretta interpretazione, valutando i  sintomi, i segni della carenza, dell’ eccesso o dello squilibrio di ormoni o gruppi di ormoni, tenendo conto della storia famigliare e della risposta a terapie farmacologiche precedenti dell’ individuo. Tutto questo deve essere valutato da una guida clinica esperta e rivalutato periodicamente con puntuali follow-up.
Per molti ormoni il modo migliore è iniziare è quello che prevede di partire a bassi dosaggi, osservare il loro effetto e aumentare progressivamente.
Per altri ormoni è meglio iniziare con la dose che si presume sia adeguata o leggermente inferiore e  poi arrivare al valore ottimale.
Usualmente si consiglia la prima visita di controllo dopo un mese dall’inizio della terapia e poi ogni 3-6 mesi quando la terapia si è stabilizzata o in qualsiasi momento quando sia necessario un aggiustamento a causa di cambiamenti che possono riguardare la dieta, il lavoro, lo stress lo sport, il sonno, le stagioni o eventuali malattie.
Molti pazienti chiedono qual è la differenza fra questi “nuovi”, o meglio poco conosciuti, ormoni e quelli che normalmente vengono prescritti.
La differenza è sostanziale e non solo di forma e cercherò ora di evidenziarla attraverso un vero e proprio confronto.
Gli Ormoni Bioidentici hanno l'esatta struttura molecolare di quelli sintetizzati nel corpo umano e producono  le stesse risposte fisiologiche degli ormoni endogeni.
Devono essere somministrati secondo modalità che imitano i rapporti naturali fra gli ormoni nell’ organismo e attraverso vie di somministrazione (di solito creme o compresse micronizzate utilizzate secondo un preciso timing) volte a ottimizzare la loro azione.
Gli ormoni artificiali, convenzionali o “brevettati”  di solito non si trovano in natura o almeno non negli esseri umani. Il Premarin, per esempio, il capostipite degli estrogeni artificiali deriva dall’ urina di cavalla in stato di gravidanza.
Questi “farmaci” non sono identici nella struttura chimica o nella funzione agli ormoni naturali.
La diversa struttura può causare un legame diverso, instabile o incompleto al sito recettoriale dell' ormone e questo può determinare effetti diversi.
Gli ormoni di sintesi sono poi metabolizzati dal fegato più lentamente e con maggiore difficoltà, potendo determinarsi un loro di accumulo che può provocare  effetti negativi sull’ organismo.
L’ esempio chiarificatore che di solito viene fatto è quello che paragona la supplementazione con progestinico (sintetico) quella con il progesterone (ormone bioidentico)
Abbiamo detto che il progestinico è un farmaco sintetico, una molecola artificiale sviluppata per imitare le azioni di progesterone ma che non ha l'intera gamma di attività del progesterone naturale. Il Progesterone naturale è una molecola che è di origine vegetale ed è identico all’ ormone prodotto nel nostro corpo con gli stessi effetti dell’ ormone naturale.
Ma quello che stupisce  è l’ entità degli effetti collaterali.
Il progesterone bioidentico può determinare solo un lieve sonnolenza: in realtà la carenza di progesterone determina irritabilità ed insonnia e quindi l’ormone contribuisce solo al ristabilirsi di un equilibrio naturale.
L’ ormone sintetico può determinare: trombosi, dolorabilità al seno, gonfiore, depressione alterazione della visione, emicrania e altro ancora.
Il progesterone bioidentico è protettivo verso il sistema cardiovascolare: il progestinico di sintesi ha documentati effetti negativi.
Tutto questo non significa che la terapia di sostituzione con ormoni bioidentici  (BHRT, Bioidentical hormone replacement therapy) sia semplice o possa essere improvvisata, ma può essere uno strumento importante nelle mani del medico specialista per favorire il benessere del paziente.

martedì 12 febbraio 2013

Nuova pubblicazione su Pubmed sull' efficacia dei fitocomposti sul meccanismo dell'insulino-resistenza

Acta Biomed. 2012 Aug;83(2):95-102.

Inhibiting insulin resistance mechanisms by DTS phytocompound: an experimental study on metabolic syndrome-prone adipocytes.

Source

Dept. of Internal Medicine, University of Catania, Catania, Italy.

Abstract

The present study was designed to determine whether DTS a phytocompound endowed with antioxidant properties, could beneficially modulate nitric oxide (NO) production stimulated by lipopolysaccharide (LPS) and tumor necrosis factor-alpha (TNF-alpha) in adipocytes. Combined stimulation (CS-treatment) exerted by using 5 microg/ml of LPS together with 100 ng/ml of TNF-alpha significantly enhanced NO production in 3T3-L1 adipocytes. Preincubation of the adipocytes with DTS (10-30 mM) inhibited such phenomenon in a dose-dependent fashion. The production of NO was decreased by 52% at the concentration of 30mM of DTS. The decrease in NO production by DTS was associated also with a decrease in inducible nitric oxide synthase (iNOS) protein and iNOS mRNA expression. Nuclear factor-kappa B (NF-kappaB) was significantly enhanced by CS-treatment, while the pretreatment with 30 mM of DTS prevented the activity by 27%. IL-6 production in 3T3-L1 adipocytes was markedly increased by CS stimulus, and the enhanced secretion of IL-6 was suppressed in a dose-dependent manner by DTS. These results suggest that DTS regulates iNOS expression and NO production in adipocytes through the modulating activation of NF-kappaB and may have a potential clinical application within protocols designed for treating metabolic syndrome. (www.actabiomedica.it).http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23393916

domenica 16 dicembre 2012

IRISINA: l' ormone bruciagrassi ?!?



La mia risposta alla domanda deriva dalla convinzione che gli slogan in medicina diventano delle trappole, nel senso che possono minimizzare o enfatizzare eccessivamente un’informazione che ha la pretesa di essere scientifica.
Ma per parlare dell’ irisina ci si può rifare all’ articolo da me pubblicato nel 2009 e presente nelle news:” Non chiamiamolo solo grasso”.
Da tempo, quindi, è stato dimostrato dal gruppo del Prof. Cinti la possibilità di trasformazione degli adipociti bianchi in adipociti bruni (e viceversa),  attraverso lo stimolo termico del freddo (nel primo caso) con un processo chiamato di tranfdifferenziazione.
Dal punto di vista scientifico questa fu una notizia che aveva del sensazionale dal momento che si ammetteva la possibilità che una cellula matura adulta si potesse “trasformare” in un'altra cellula adulta. Gli studi che hanno condotto Shinya Yamanaka e JohnGurdon a conseguire il premio nobel per la medicina nel 2012, peraltro,  ci rassicurano sulla possibile validità di un’ ipotesi come questa. Ma la vera novità deriva dal fatto che nel 2012 è stata dimostrata l’ esistenza  di una miochina, che è stata chiamata irisina, che favorisce questa transdifferenziazione.
L’ irisina è un ormone stimolato dall’ esercizio fisico e la sua  scoperta apre nuovi scenari nello studio e nella cura dell’ obesità.
Pertanto, fuori luogo ed eccessivamente semplicistica appare le classificazione che distingue il tessuto adiposo bianco come cattivo e quello bruno come buono.
In realtà i bias (gli errori sistematici) sono almeno due.
Uno è semplicemente semantico: per consuetudine e sulla base di un retaggio storico gli adipociti vengono distinti in bianchi e bruni. In realtà le differenze morfologiche e funzionali sono così grandi che magari sarebbe stato più opportuno chiamarli in due modi diversi, per esempio adipociti bianchi i primi (per gli evidenti vacuoli di grasso che spostano il nucleo alla periferia) e in mitocondriociti i secondi per la dominanza dei mitocondri .
Il secondo bias deriva dalla stessa definizione di tessuto adiposo,  proprio perché anche le riflessioni sulla transfdifferenziazione e sulla localizzazione delle cellule nell’ organismo adulto ci ricordano come probabilmente sia più corretto parlare di sistema adiposo(analogamente al sistema immunitario e quello nervoso) che non di tessuto.
Può essere utile segnalare come, sperimentalmente, si è osservato che i topi che hanno una prolattina bassa mostrano un’ ottima sensibilità all’ irisina e noi sappiamo come i pazienti che sono affetti da sindrome metabolica hanno livelli elevati di quest’ ormonae (PRL).
E per quanto riguarda il legame tra attività fisica  e adipociti bruni può essere utile ricordare l’importanza di quelli localizzati nel muscolo. L’ attività fisica determina in questo distretto vasodilatazione e migliora l’ insulino-sensibilità, potendo anche attraverso questo meccanismo favorire il dimagramento.